Non è che rallentando la transizione ecologica, guadagniamo autonomia energetica. Si tratta piuttosto di diventare — come sostiene qualcuno — una potenza solare». Giorgio Airaudo, leader della Cgil regionale, mette in guardia dal vento di «restaurazione» che si alza sull’impiego di gas, petrolio e carbone e rilancia un’alleanza tra sindacato e ambientalismo per guardare al futuro dell’auto, dell’auto elettrica in particolare, senza preconcetti e con un po’ più di ottimismo. Per cui basta No Tav, No Tap, No Triv. «A noi non convince la storia per cui elettrico significhi esuberi — afferma il segretario Cgil —. Sono esuberi se non fai nulla. Ma ci sono anche occasioni imprenditoriali: un recente studio tedesco ipotizza nell’automotive un saldo a somma zero tra posti di lavoro persi e posti di lavoro creati con le nuove tecnologie delle vetture a batteria e a guida autonoma: pensiamo solo alle reti di ricarica».
Mobilità sostenibile al lavoro
Per questo la Cgil — con Sbilanciamoci!, Wwf, Legambiente, Kyoto Club, Transport & Environment, Motus E — dà appuntamento venerdì alle 9 alla Camera del Lavoro di via Pedrotti, dove, sotto il titolo «Mobilità sostenibili al lavoro», ha radunato un parterre di tutto rispetto: oltre al segretario nazionale Maurizio Landini, interverranno il Commissario Europeo Paolo Gentiloni (in video-collegamento), il ministro per le Infrastrutture e la Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini, Michele De Palma (responsabile settore automotive Fiom), Gianni Silvestrini (direttore scientifico di Kyoto Club), Luca Mercalli (presidente della Società Meteorologica Italiana), Gilberto Pichetto Fratin (vice ministro dello Sviluppo economico), Francesca Redavid (segretaria generale Fiom), Mariagrazia Midulla (responsabile Clima ed Energia Wwf), Stefano Ciafani (presidente di Legambiente). Nel pomeriggio interverrà anche il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo. «Siamo alla vigilia della trasformazione radicale del “prodotto automobile” in “prodotto mobilità”, ma servono investimenti», avverte Airaudo, che abbandona per una volta i toni apocalittici sul comparto delle quattro ruote. «Sono ottimista a patto che sappiamo dove andare», riconosce, tornando sul suo vecchio pallino: «Quando Tavares, ceo di Stellantis, si chiede quando si stabilizzerà il mercato, be’ ha ragione: anche noi come sindacato non ci chiudiamo a difesa di ciò che resta e non abbiamo paura dell’innovazione, ma ci alleiamo con gli ecologisti a patto che l’unico costruttore italiano si palesi e dica cosa vuol fare, come saturerà gli impianti, cosa sarà di Mirafiori».
Le aziende a rischio
La pandemia prima, il conflitto in Ucraina poi, hanno costretto l’Europa a ripensare i flussi economici della globalizzazione, dallo scambio di materie prime agli approvvigionamenti di energia. La transizione green non sarà un pranzo di gala e verrà servito prima di quanto si pensi. A gennaio infatti il Mise aveva redatto uno studio sul futuro dell’auto in Italia. Secondo il dossier, sono 101 le imprese considerate più a rischio, che insieme raccolgono il 17% dei dipendenti e del mercato nazionale. La previsione è che la conversione ecologica porterà a un taglio del numero di componenti necessari pari all’85%, da 1.400 a 200, soprattutto nel comparto specializzato sulla combustione interna. Sul fronte opposto, invece, ci sono 40 aziende ad alto potenziale, con specializzazioni che vanno dall’analisi dei dati alla guida autonoma, dai motori elettrici alle batterie. Troppo poche per l’Italia.
Il Corriere di Andrea Rinaldi 21arzo 2022