«Noi trattiamo con l’azienda che abbiamo davanti. Lo Stato non può gestire Ilva da solo, ma se Mittal pensa di usare risorse pubbliche per fare i suoi interessi se ne vada e troveremo altri partner». Francesca Re David, segretario generale di Fiom-Cgil, rivendica il ruolo del sindacato nelle scelte di politica industriale: «Non siamo quelli che gestiscono la cassa integrazione e basta».
Ha avuto modo di vedere il nuovo piano industriale?
«No, non lo abbiamo mai visto, ne ora ne a marzo quando governo e Mittal hanno fatto l’accordo davanti al Tribunale di Milano. Avevamo visto qualche slide in cui si menzionavano l’introduzione dei forni elettrici accanto al ciclo integrale, il raggiungimento di 8 milioni di tonnellate di produzione annua, e poi l’idea che sarebbe entrato in società il pubblico».
L’accordo governo-Mittal del 4 marzo parlava già di 10.700 addetti a regime.
«E già quello non andava bene, perché tagliava fuori i lavoratori rimasti in Ilva As che sono invece garantiti dall’accordo sindacale del 2018, che per noi resta valido».
Ora il piano di ArcelorMittal scende a 7.500 addetti.
«Ed è perfettamente coerente con quanto chiesto da Lucia Morselli appena arrivata. Già a settembre 2019 il nuovo ad chiedeva cinquemila esuberi: fu la prima cosa che chiese Morselli, ora continua a farlo con grande coerenza».
Covid e crisi di mercato non impattano sulla siderurgia?
«Sono un alibi. L’azienda aveva già deciso, come peraltro il governo ha scelto di fare con Mittal, di scaricare i lavoratori rimasti in Ilva As».
Le aziende fanno i conti con il mercato, l’occupazione non è una variabile indipendente.
«L’obiettivo di questo gruppo è sempre stato tagliare. La crisi c’è, ma c’è anche una prospettiva: stiamo entrando in una fase in cui riprenderanno gli investimenti nelle opere pubbliche e nell’edilizia».
Il governo ha detto che con il sindacato avrebbe trattato gli ammortizzatori sociali.
«È l’errore più profondo di questo governo: pensare che il sindacato serva a gestire la cassa integrazione, che le politiche industriali non siano affare anche nostro, soprattutto in questa fase di grande disponibilità di risorse».
Meglio trattare con Mittal o nazionalizzare?
«Noi trattiamo con l’impresa che ci viene messa davanti. L’intervento dello Stato in società è positivo, ma lo Stato non può far da solo a lungo. Se Mittal pensa di utilizzare risorse pubbliche per fare i suoi interessi è meglio che se ne vada, ci sarà un passaggio in amministrazione straordinaria, usciremo dai ricatti di questo gruppo e troveremo altri partner».
Come giudica l’azione del governo per fronteggiare la crisi causata dal Covid?
«Il governo ha adottato misure come la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti, necessarie e importanti, che però non bastano. La crisi non sparisce ad agosto. Noi ci battiamo affinchè le imprese restino aperte, vogliamo capire come si muoverà il governo sull’utilizzo delle risorse. Macron è intervenuto con un piano per l’automotive, noi stiamo per andare al matrimonio coi francesi nudi alla meta».
Intervista a Francesca Re David di Gilda Ferrari pubblicata su “La Stampa” del 7 giugno 2020