Una L’ultimo atto di una crisi industriale durata quattro anni tra cavalieri bianchi, progetti di rilancio mai decollati: “Hanno venduto fumo sulla nostra pelle”
Una su ogni foglio, la firma nell’ultimo e il codice Iban: così si chiudono quattro anni di promesse tradite, umiliazioni e attese senza risposta. All’ultima pagina, c’è la riga “ex dipendente Embraco” sopra la quale mettono il loro nome uno dopo l’altro gli operai di Riva di Chieri. La processione è finita poco dopo il tramonto. Negli ultimi quattro giorni, nella Sala della Conceria a Chieri, si sono presentati uno dopo l’altro, convocati dai propri sindacati, per firmare l’ultimo atto di una storia vergognosa iniziata nel 2018 e finita ora, dopo quattro anni, decine di promesse tradite e qualche migliaio di euro che arriveranno quando il tribunale fallimentare di Torino firmerà l’omologa del concordato.
Whirlpool ha offerto a ognuno 7mila euro lordi, poco più di 5mila netti per chiudere la partita. Per mensilità non pagate, ferie e permessi, ai lavoratori potrà andare anche una parte di quei 9 milioni rimasti disponibili nel fondo che era stato destinato alla reindustrializzazione della fabbrica, quando la politica aveva creduto al piano industriale della Ventures che lì voleva produrre mattoncini giocattolo, biciclette elettriche e robot per pannelli fotovoltaici. Non se n’è fatto niente e i vertici della società sono indagati per bancarotta. Poi è stata la volta del progetto Italcomp che legava i destini dell’Embraco e dell’Acc di Mel in Veneto per produrre insieme compressori per frigoriferi. Altra fumata nera: per Acc è arrivata nei giorni scorsi al Mise un’offerta di acquisto. Per Embraco solo il silenzio.