ECONOMIA E LAVORO – 17 febbraio 2021, 12:37
Lavoratori e sindacati hanno scritto nei giorni scorsi al nuovo capo del Governo e oggi, dopo il discorso al Senato, tornano a farsi sentire: “Molti di noi vanno alla Caritas perché non ce la fanno, non è giusto”
“Abbiamo sentito tante belle parole: ora servono meno chiacchiere, meno applausi e più fatti. Bisogna passare dalle parole agli atti concreti“. E’ questa l’eco che risuona a Riva di Chieri, davanti ai cancelli dell’ex stabilimento Embraco, dopo il discorso che Mario Draghi, neo presidente del Consiglio, ha tenuto al Senato.
Ad ascoltarlo sono le orecchie dei 400 lavoratori che, dopo anni di sofferenze, ancora adesso attendono risposte e soluzioni. In questi lunghissimi mesi hanno sentito tante promesse, tante garanzie, hanno assistito addirittura a festeggiamenti e celebrazioni (l’ultima, tramite un video Facebook dell’allora ministro Patuanelli, datato 24 novembre). Ma la verità dice che entro l’estate saranno tutti licenziati, se non succederà qualcosa: nei giorni scorsi sono partite infatti le lettere di licenziamento e il conto alla rovescia oggi dice -60 giorni. Intanto la speranza che univa Embraco e i 300 lavoratori della Acc di Mel, in provincia di Belluno, è bloccata. Dalla crisi di governo, ma anche dai dubbi dell’Unione Europea. “Il progetto Italcomp si può fare – dice Ugo Bolognesi, di Fiom Cgil -, proprio tramite quello che Draghi chiama debito buono. Ma è necessario che ci si muova in fretta“.